La mia personale soluzione alla crisi

Dopo tanto parlare mi sembra ormai ovvio che questa crisi metta semplicemente in chiaro come questo sistema economico sia sulla lunga fallimentare, soprattutto se si vogliono rispettare i più basilari diritti dell’uomo e sostenere le forme più semplici di welfare. La soluzione può quindi venire, secondo me, da un cambiamento radicale del mercato, cioè fondamentalmente di noi consumatori, o di come c’hanno resi consumatori, tornando forse ad essere persone che hanno determinati bisogni reali e non inventati dal consumismo.

Per prima cosa smettiamola di comprare cose inutili, ma che tanto costano poco: cosa ce ne facciamo dell’ennesima tovaglia made in china (o come si trova più spesso made in prc, che sempre cina è…), anche se costa solo 2 euro? Non conviene forse tenersi quei 2 euro, che sommati ad altri 2 euro diventa 4, poi 6 e così via, per poi investirli in qualcosa di più utile?

Cerchiamo di fare una spesa più critica. Facciamo una proiezione della settimana, programmando ogni pasto, e vediamo cosa effettivamente ci manca per completare la settimana, senza naturalmente entrare nella psicosi che non si può cambiare il programma perché così è stabilito!Sinceramente mi sembra folle che con il cibo che si butta in Italia si possa sfamare l’intera Spagna.

Preferiamo prodotti locali, scegliendo se possibile quelli a km 0, meglio ancora se venduti direttamente dal produttore. Ci risparmiate voi, perché non c’è il prezzo del mediatore, ci guadagna il produttore locale perché può permettersi di vendere i propri prodotti ad un prezzo umano. Inoltre si è più sicuri, perché poi se il responsabile è solo uno, puoi star certo che non se la rischia a venderti un prodotto di cui non è sicuro al 100%.

Cambiamo i nostri accessori solo quando ne abbiamo bisogno, e non perché è uscito il modello più fashion e moderno. Leggi telefoni, computer, telvisore, etc etc.

Usa più mezzi pubblici, più bici e vai a piedi. Spenderai meno in benzina, inquinerai di meno, metterai un auto in meno in strade troppo trafficate. Meno benzina si usa più ce n’è a disposizione per chi ne ha bisogno per lavorare (dalle macchine agricole agli autotrasportatori). Forse se cala la domanda calano anche i prezzi (almeno così dicono le leggi del mercato).

Chiedi sempre la ricevuta, perché conviene a te. Fai fare il vaccino al tuo gatto? Senza fattura ti costa 10 euro in meno, ma prenditi le tue garanzie. Oltre al fatto che quei 10 euro li spenderai certamente in servizi, se non di più, che dovranno mettere a pagamento per le tasse evase anche per colpa della tua ricevuta mancata, pensa che se il vaccino dovesse far male al tuo gatto non potrai neanche denunciare il fatto, perché quel vaccino non è mai stato fatto. Sei sicuro che ti convenga?

Cerca, quando ti è possibile, di comprare quanto viene prodotto nei Paesi in cui sei sicuro son rispettati tutti i fondamentali diritti dei lavoratori. Come puoi lamentarti se chiude una fabbrica in Italia, se nessuno compra i prodotti made in Italy perché costano di più? La colpa non è del governo, ma dei consumatori, cioè noi, che pur di risparmiare 5 euro preferiamo comprare qualcosa che è stato prodotto sfruttando i lavoratori e con materie prime di dubbia provenienza.

E infine, compriamo qualcosa solo se ce lo possiamo permettere. Stop ai finanziamenti per le cose superflue (c’è già il mutuo per la casa!). Non ci ritroveremo ad avere mille conti da pagare ogni mese. E se anche ci prendiamo un telefono da 80 euro (già un esagerazione per me…), alla fine che ce ne facciamo dello smartphone e dell’iphone? Non parliamo dell’ipad…l’oggetto più inutile che sia mai stato creato…

Saranno ovvietà, ma francamente mi pare che se cambiamo noi si risolve gran parte del problema. È vero che continuano ad assillarci dicendoci che dobbiamo favorire i consumi per far ripartire l’economia, ma sono convinta che un normale mercato sano sia meglio di un grande mercato gonfiato, che può crollare da un momento all’altro.

Che ci salvi un commissario!

È soprattutto triste vedere che l’unico modo per salvare l’Italia dalla bancarotta sia quello di nominare un capo del Governo non scelto dagli elettori italiani ma dal capo dello Stato, quasi a dimostrare che gli Italiani non siano in grado di scegliere il meglio per sé e per il proprio paese.

Ma è ancora più triste pensare che sinceramente mi sento molto più tranquilla così, con un capo del Governo che non deve rispondere a promesse elettorali tanto assurde da mandare sul lastrico i Comuni, o badare ai mille interessi sia personali che del partito.

Perché diciamocela tutta, anche l’idea di vedere al Governo quell’opposizione non mi avrebbe certo rassicurato, tra le mille divisioni e l’incapacità dei politici italiani, al di là delle differenze di partito, di prendere provvedimenti necessari anche se impopolari, perché se anche alcune cose non piacciono, sono pur sempre indispensabili per riuscire a far sopravvivere un’economia che comunque non può crescere all’infinito.

La speranza è che Monti si dimostri davvero una persona seria e che ci risollevi un po’, in attesa che un altro governo disastroso ci riporti nuovamente sul lastrico.

Mangiare bio? Fosse facile…

È per lo più per una questione di salute, nostra e dell’ambiante, che abbiamo pensato di darci al biologico e, meglio ancora, alla vendita diretta, per cui paghiamo solo quello che realmente vale il prodotto, senza i mille intermediari che fanno lievitare i prezzi, con la speranza che i poveri animaletti siano trattati con un po’ di rispetto.

Iniziamo quindi ad informarci su come e dove reperire i vari prodotti, senza però svenarci, perché si sa che qui se ne approfittano un po’ tutti, così se si prova ad andare in un supermercato “bio” si vedono certi prezzi che vien voglia di tornare ai meno salutari prodotti da 1€ al kg.

Qui a Bologna per fortuna ci sono alcuni mercatini a vendita diretta, abbastanza forniti per quel che riguarda la verdura, molto meno invece per la carne e le uova. I prezzi per le verdure variano dai 2€ al kg per quelle più comuni ai 4€ per i pomodori ciliegino, ma effettivamente è tutta un’altra cosa e la differenza è tale che dopo non si riesce davvero più a tornare indietro.

Anche le uova sembrano una droga…son talmente buone che davvero pensi che quella è la prima volta che assaggi un vero uovo. Neanche le ben più costose uova bio dei supermercati riescono ad avvicinarsi, per cui davvero non ne puoi fare a meno. Peccato che le galline, ora che viene inverno, iniziano a fare le capricciose: poche uova e giù a litigarsele, con il risultato che massimo te ne vendono 6, altrimenti si scontentano gli altri. Quasi mi vien voglia di allevare una gallina nel nostro mini terrazzino, magari fa amicizia con le micie…o forse no…

La cosa che poi mi piace di questi mercatini è che riporti tutto indietro, così non sprechi involucro ma tutto viene riutilizzato, il che va a vantaggio di questo povero pianeta immondezzaio.

Ciò che invece è proprio problematico è che il mercatino c’è una sola volta alla settimana, e ahimé coincide naturalmente con le mie ripetizioni. Arrivo sempre in ritardo, quindi addio uova e scelte migliori.

Ma il vero problema sta nella carne, che poi a dirla tutta è anche il capitolo che mi sta più a cuore, visto che proprio non riesco a sopportare le immagini di quei poveri polletti dopati perché crescano tutto in petto, oppure le mucche costrette a svenarsi di latte ed esaurirsi nel giro di due anni, mentre una produzione normale la farebbe campare più di 10 anni.

Nei mercatini neanche l’ombra di questi prodotti, soprattutto il pollo, pare che nella zona nessuno sia interessato ad allevarli…si trova la carne di vitello, a volte quella di maiale (con dei prezzi esorbitanti, ma effettivamente ne vale la pena), ma per un polletto l’unica alternativa è quella di comprerne 10 kg sul sito mangiotuttobio, ma…dove me li metto 10 kg di pollo?!?!?!? Per cui sono ancora alla ricerca di un metodo fattibile…e per il momento compro quello bio dei supermercati, sebbene a dirla tutta mi fidi ben poco (il petto è ugualmente stranamente gonfio….).

Gli insegnanti precari. Qual è il vero problema?

Dal 2008, per chi si laurea, non esiste più la possibilità di essere inseriti nelle graduatorie per l’insegnamento: niente concorsi e niente scuola di specializzazione, solo attesa e speranza che il ministero si decida a svelare il modo in cui tutte queste persone avranno accesso all’insegnamento. Forse non c’è bisogno di insegnanti in Italia, ovvero nessuno va in pensione e nessuna cattedra rimane scoperta, ma nonostante gli importanti tagli di personale previsti in questi anni, di nuovi insegnanti c’è ancora bisogno.

Il problema è rappresentato dalle migliaia di insegnanti precari che denunciano la loro condizione che va avanti ormai da decenni. E giù tutti a denunciare Governo e Stato perché questi poveri cristi si son ritrovati ad esser precari per anni e anni, senza alcuna garanzia per il futuro. Manifestazioni in piazza, scioperi generali, interventi nelle trasmissioni televisive, etc. etc.

Ma qualcuno si è fermato ad analizzare in modo critico la reale situazione di questi insegnanti? Forse non molti sanno che ci sono persone che in anni recenti, negli ultimi concorsi prima della SSIS, sono saliti in cattedra il giorno dopo aver fatto il concorso. E chi sono costoro? Sono forse raccomandati? Hanno forse pagato qualcuno? Ebbene no, hanno semplicemente fatto bene il concorso. Infatti il concorso fornisce al candidato un punteggio, che può essere incrementato sia con le esperienze sia con gli anni d’attesa.

In pratica, quanti si dicono, in modo indignato, precari da 40 anni, sono quelli che hanno fatto talmente male il proprio concorso che hanno sì avuto l’abilitazione, ma con un punteggio così misero che si son visti sorpassare in graduatoria da migliaia di giovani che erano evidentemente più preparati di loro, nonostante loro aumentassero il proprio punteggio di anno in anno per supplenze varie e anni di anzianità. Siamo quindi sicuri che queste persone meritino di diventare insegnanti di ruolo, visto che al concorso hanno dimostrato una tale preparazione da risultare gli ultimi degli ultimi? Non oso neanche pensare quanto male abbia fatto il concorso quello che si dice precario da 40 anni, se per 39 anni i nuovi laureati gli son passati davanti (quante migliaia di persone sono?).

Secondo me l’errore, per una volta, non è stato delle istituzioni, ma dei singoli cittadini. Se infatti si considerasse in modo serio il concorso, questa situazione non si sarebbe mai presentata. Perché al concorso il candidato riceveva l’abilitazione all’insegnamento, il che non significa che vince il diritto ad essere assunto, ma che lo Stato gli riconosce le capacità minime per essere insegnante. La cattedra va ai migliori degli abilitati. Funziona un po’ come all’esame di stato: si giudicano i candidati per capire quanti di loro hanno i requisiti minimi per poter essere abilitati alla professione, non significa affatto che se uno supera l’esame da avvocato, poi lo Stato lo deve assumere, ma solo che lo Stato certifica che ha le competenze base per poter esercitare la professione. Né più né meno che per l’insegnamento.

Allora io mi chiedo: è giusto bloccare l’inserimento dei nuovi laureati nelle graduatorie, persone validissime e in molti casi molto più preparati di quanti in 40 anni di graduatoria si son fatti superare da tutti, e assorbire questi insegnanti che alla loro prova hanno dimostrato di essere mediocri? Poi magari non lo sono, ma di fatto al concorso hanno dimostrato si esserlo. E mi chiedo anche: che scuola sarà quella del futuro, costellata da insegnanti talmente poco preparati che al concorso han raggiunto un così misero punteggio? Non sarebbe forse meglio, e decisamente più salutare per la nostra scuola, assumere quanti, con nuovi concorsi, dimostreranno di essere i più preparati?

Infine, se si doveva dimostrare che la meritocrazia in Italia è morta, questo mi sembra davvero il modo migliore, se laureati preparatissimi sono esclusi dall’insegnamento solo per far entrare chi, laureato 40 anni fa, non è stato in grado di affrontare in modo adeguato il concorso, ma, ribadisco, ha svolto così male le prove da venir superato da chiunque ha fatto il concorso dopo di loro.

Risultato? Tra cinque anni la scuola pubblica sarà piena di insegnanti mediocri, mentre i più bravi saranno costretti ad insegnare nelle scuole private, rendendo la scuola statale, accessibile a tutti, un luogo di insegnamento a metà, e le scuole di eccellenza saranno invece le scuole private. Grazie ad una politica che purtroppo vuole un popolo ignorante e pochi eletti (non quelli intelligenti ma quelli che hanno i soldi…e si sa che le due cose non sono coincidenti) che potranno permettersi un’istruzione degna di questo nome.

Sono inoccupata, non studio, non lavoro, non cerco lavoro, ma studio, a casa…

Non poteva mancare un mio commento sul Censimento generale della popolazione e delle abitazioni, a partire dalle mille perplessità che mi ha suscitato.

Innanzitutto quanta carta sprecata. Forse bastava spedire una lettera con il codice che si trova sulla prima pagina, con la possibilità, con una semplice chiamata, di ricevere il plico cartaceo per quanti ne facessero richiesta, perché ovviamente non tutti hanno internet in casa e non tutti lo sanno usare. In ogni caso moltissimi lo compileranno online, con un notevole spreco di carta, e in un periodo di grave crisi forse ce lo potevamo risparmiare.

Sempre pensando agli sprechi, ci sono arrivati due plichi, uno a nome mio e un altro a nome di mio marito. C’è poco da fare, lo stato non ci vuole riconoscere come famiglia…eppure in Comune abbiamo provveduto a metterci nello stesso stato di famiglia…Sarà una congiura della Chiesa perché ci siamo sposati in comune? Chissà…

In ogni caso i due plichi erano pure diversi, uno rosso e uno verde. Nessuna spiegazione sulla differenza tra i due colori, se non che dall’osservazione empirica è emerso che quello rosso è notevolmente più lungo di quello verde. Dopo una veloce ricerca sul web, e la conferma nel sito ufficiale del censimento, è venuto fuori che quello rosso è quello completo, destinato ai piccoli comuni, mentre quello verde è per i grandi comuni. Ma un campione dei grandi comuni avrà comunque quello rosso. Essendo che quello rosso è quello di mio marito che risulta il capofamiglia, dobbiamo compilare quello completo.

Che poi, francamente, mi pare una cosa priva di senso: perché fare un censimento in cui non tutte le domande sono rivolte a tutti? O fai per tutti la versione completa, oppure fai per tutti quella ridotta. Che completezza può avere un censimento in cui metà delle domande (anzi, di più, perché 84 sono le domande nella versione completa e solo 35 in quella ridotta) sono rivolte solo a una parte dei cittadini? Prendere un campione mi sembra un po’ ascientifico, soprattutto se si considera che la maggior parte delle risposte di questi quesiti verrà da una popolazione che vive molto diversamente da quella che riceverà solo la versione ridotta, perché si sa, la vita in un piccolo comune è ben differente da quella in una grande città. È un mistero, perché a controllare i dati sarebbe stato con ogni probabilità un computer, quindi non è spiegabile neanche con le poche risorse per poi controllare tutti i dati.

Ma veniamo al vero nocciolo della questione: i dottorandi non sono contemplati. Così come gli assegnisti e tutti quei borsisti che non sono dipendenti dell’università, ma neanche sono iscritti all’università, per cui non esistono. Alla domanda, fatta ad una centralinista del call center attivato per il censimento, ma così non sono inquadrata in nessuna condizione e soprattutto mi contraddico, la risposta è stata che se non c’è la domanda specifica, allora il censimento non è interessato a quella particolare condizione. Bene, molto rassicurante, ignoriamo parte della popolazione di cui è inutile prendere in considerazione la condizione.

Andiamo nello specifico. Domanda 5.11 a pag. 12: “È attualmente iscritto/a a un corso regolare di studi?” La risposta è no, confermato da ben due centraliniste. Oltre a capire perché occorra sottolineare il regolare (qualcuno mi fa un esempio di corso irregolare?), questo quesito esclude ogni possibilità che io possa essere inserita tra gli studenti. Ci sarà una domanda che recita più o meno “È attualmente iscritto/a a un corso post-lauream?”, ma naturalmente manca. Quindi risulto inoccupata, che non studia né lavora.

Alla domanda 6.3, sempre a pag. 12, chiede se sono in cerca di occupazione, e la risposta è ovviamente no. Sto facendo il dottorato, diciamo che mi verrebbe difficile riuscire anche a lavorare, e oltretutto sarebbe incompatibile con la mia borsa. Bene, quindi finora risulta che sono inoccupata e non cerco neanche lavoro, insomma, faccio parte di quel bel gruzzolo di gente che sta beatamente a casa sul groppone dei genitori o di qualcun’altro, mentre invece non è esattamente così.

Qualche pagina più avanti c’è un altro quesito che suscita le mie perplessità, non tanto per la domanda in sé, quanto piuttosto per l’ennesima contraddizione dei dati che emergono dalle mie sincere risposte: “Si reca giornalmente al luogo abituale di studio o di lavoro?”. È il quesito 7.1 e la mia risposta sarà “No, perché studio nel mio alloggio”. Bene, studio cosa, se non sono studente? Non posso neanche rispondere “No, perché lavoro nel mio alloggio”, perché non lavoro, né tantomeno “No, perché non ho una sede fissa di lavoro”, per lo stesso problema. L’ultima possibilità è “No, perché non studio, non lavoro e non frequento corsi di formazione professionale”. Sarebbe vero da un certo punto in poi…peccato che io studi! Non faccio un corso di laurea o un corso di formazione professionale, ma IO STUDIO!

Risultato? Per il Censimento generale della popolazione e delle abitazioni sono una inoccupata, che non studia, non lavora né cerca lavoro, che tuttavia sta tutto il giorno a casa a studiare pur non essendo studente e senza alcun motivo. Beh…complimenti al redattore delle domande e grazie tante se ne uscirà di me l’immagine di una perfetta cretina!!!

Un’estate gattica…o di gatti malati!!!!!

Presi dall’amore per la nostra micetta e dalla consapevolezza che non potevamo stare con lei tutto il giorno abbiamo deciso di prenderle una sorellina, così che potesse avere qualcuno con cui giocare e un po’ di compagnia quando non stavamo a casa. Era proprio uno strazio vederla piangere dal balcone quando ce ne andavamo, e se stavamo via più di qualche ora ritrovarla addormentata davanti alla porta.

Allora abbiamo preso Amelia, una simil certosina (niente animali di pura razza, sono assolutamente contraria al commercio di animali!!!) dallo sguardo terribilmente umano e un testone impressionante. E i primi 10 giorni l’abbiamo dovuta rinchiudere in bagno, l’unica stanza interdetta a Matilde e che quindi non faceva parte del suo territorio.

Con Ami solita routine di gattino di strada: un po’ di placchette alla gola, gli occhietti tutti infetti, verme solitario che le mangia tutto quello che ingerisce e acari nelle orecchie. Quindi lungo trattamento per combattere ogni singola cosa, con la produzione impressionante di un verme di 30 cm per un micetto che pesa 800 gr…davvero incredibile!!!

Dopo tutte le cure le facciamo conoscere, anche se ormai Matilde passava tutto il suo tempo davanti alla porta del bagno ad infilare le sue zampettine sotto la porta (eh sì…la casa è vecchia e sotto la porta ci passa un dito, quindi una zampetta), così giocavano tutto il giorno. Ma quando le abbiamo messe nella stessa stanza ovviamente se la son data di santa ragione e non c’è bisogno di dire chi aveva la meglio, se quel cosettino rachitico di appena 800 gr. o quel piccolo bove che è Matilde coi suoi 2 kg e rotti ad appena 3 mesi e mezzo.

Dopo qualche incontro di lotta libera, lasciandole sempre più tempo assieme finalmente hanno fatto amicizia, così ora passano tutto il tempo a giocare, con qualche sessione di pulizia reciproca. Sempre ovviamente continuando a riempire la piccola di medicine. La grande se la cavava bene invece, almeno fino a lunedì scorso, quando appena tornati dal veterinario con Amelia abbiamo trovato Mati che zoppicava e che piangeva appena le si toccava la zampetta.

Per fortuna non era nulla, ma si è deciso, d’accordo con il veterinario (sant’uomo…poveretto siam sempre lì ormai), per un controllo per il giorno dopo. Torniamo e la zampetta va meglio, ma ha la febbre, che va rimisurata la sera. Compriamo il termometro per bambini e proviamo a misurarle la temperatura…ovviamente tragedia, non si fa neanche toccare. Allora ci riproviamo e riusciamo a tener dentro il termometro per un minutino, ma ha solo una piccola alterazione, 39,1°. Il giorno dopo altro controllo, ma ha l’occhio gonfietto. Vabbé, se lo sarà un po’ grattato, ma per il resto ok.

Peccato che nel giro di 24h l’occhietto è diventato un pallone e il nasino è tutto sgraffiato, tanto da sanguinare. Chiamiamo per l’ennesima volta il veterinario (ancora…porello), e ci dice di metterle il collare elisabetta così non se lo graffia. Scene da “L’Esorcista”: appena le infiliamo il collare inizia a spingere con tutte e quattro le zampette per toglierselo; impressionati decidiamo di liberarla, ma era talmente agitata che era impossibile afferrarla. Alla fine la liberiamo e rimaniamo tutto il giorno a controllare che non si gratti. Intanto anche a lei mettiamo il collirio e diamo l’Herpless.

La sera la riportiamo dal veterinario (che a sto punto ci suggerisce di comprarci un appartamento lì di fianco) e ci dice di imporle il collare elisabetta, di non impressionarci se impazzisce ché tanto prima o poi si calma. Ci dà anche un altro collirio, da metterle insieme all’altro, quindi in totale son due colliri 3 volte al giorno per occhio e anche una volta nel nasino, il pastiglione di Herpless la mattina e il disinfettante per il nasino. Con il paralume in testa che le impedisce di fare qualunque cosa, dal mangiare al giocare con una pallina. È la depressione personificata: non riesce a gestire perfettamente la letteria, non arriva alle ciotole perché il collare tocca prima terra, non si può lavare, non vede di lato e sbatte dappertutto. Speriamo di toglierglielo presto, perché vederla così è davvero una pena!

Una giornata persa nei disservizi

Gran parte della colpa è certamente mia, che ho passato metà della mia giornata a dormire e a recuperare non si sa bene cosa, ma avevo programmato di rendere utile la mia giornata in due modi: marchiare la bici e pagare le bollette.

Perla marchiatura della bici era già il secondo tentativo, visto che la prima volta che siamo andati ci siamo resi conto che il servizio è tanto efficiente che hanno cambiato gli orari, senza però aggiornarli sul sito del Comune. Risultato? Un appunto a penna sul foglietto degli orari affisso al baracchino ormai vuoto della marchiatura.

Ieri invece ci andiamo alle 3 e mezza del pomeriggio, così non ci sbagliamo. Peccato che arriviamo lì e…surprise! L’omino ci dice che non poteva marchiarle perché gli mancava non so quale macchinario per attaccare bene l’adesivo, ché farlo a mano veniva male. “M’han detto che me l’avrebbero portato dopo pranzo, ma non mi hanno detto a che ora”. Scusi, non si può sentire se stanno arrivando? “E no, son studenti”.

Fermo restando che non capisco la sua logica per cui se son studenti non si può sentire se arrivano o meno, ce ne andiamo mestamente, e un po’ alterati, perché per la seconda volta non riusciamo a mettere questo maledetto marchio sulla bici. Spero che andrà meglio la prossima volta…

Finito, si fa per dire, con la bici, mi dirigo verso la posta e prendo il numeretto per scoprire che…ho 65 persona davanti!!! Disperazione…ma il gas mi scade il giorno dopo e non posso proprio permettermi di tornare. Rimango lì un’ora, mi giro un po’ la libreria di fronte e solo alle 5:10 riesco a pagare le mie bollette, e per fortuna che qualcuno prima di me aveva abbandonato la fila…

Torno a casa che ormai sono le 5:30. Che fare? Beh, praticamente è partita nel nulla tutto il pomeriggio…giornata persa…

Una nuova veste grafica

Detta così potrebbe sembrare che ci siano grandi novità, invece mi sono limitata a cambiare il tema, tra quelli predefiniti proposti da wordpress, per cui non ho fatto proprio un grandissimo sforzo. La verità è che mi ero impegnata tanto quando avevo creato il blog su messanger…peccato però che siamo stati violentemente straslati in quest’altro posto, senza poter scegliere e limitandoci ad utilizzare i pochi e piuttosto impersonali temi proposti.

Purtroppo però ci si deve accontentare, e il massimo che si possa fare è cambiare l’immagine della testata. Ovviamente lo farò con molta calma, perch ahimé, con questo caldo, francamente mi passa un po’ la voglia di sta qui a pensare che immagine mettere, dove cercarla e come caricarla rispettando le dimensioni imposte dallo schema. Quando magari cala il fresco della sera e i gatti riprendono a girare forse lo farò…

Il mio gatto non dorme, sviene!

Quando io e mio marito parlavamo di prendere un gatto gli ho assicurato che bene o male è un impegno leggero, perché si sa, i gatti vogliono poche cure, sono animali che amano starsene per i fatti loro e si amministrano totalmente da soli.

Peccato però che la nostra Matilde gode di un’energia davvero invidiabile anche per un cuccioletto, oltre al fatto che è chiaramente affetta di qualche strana forma di pazzia che si impossessa di lei per ore e ore. Fermo restando che le regole che le abbiamo imposto son davvero poche (non salire sulla tavola, non salire sul letto e non mangiare le piante), lo straordinario gusto del proibito la porta a fare esattamente quello che non deve. E non perché non lo abbia capito, credetemi, perché vi assicuro che lo fa solo quando sa che non la vediamo o quando deve farci un dispetto, ovvero quando non stiamo con lei nelle sue ore di folle gioco.

Per fortuna che poi, dopo un’oretta circa, si stanca. Ma si stanca talmente tanto che non riesca più a stare in piedi, a tenere gli occhi aperti. Per cui, giusto il tempo di raggiungere il suo papà o la sua mamma, e boom, si butta giù e sviene. E dorme talmente profondamente che praticamente le si può fare di tutto, la si può mettere in qualunque posizione che lei non si sveglia né si sposta, ma semplicemente dorme. Beh, d’altronde deve riprendere le forze per la sua successiva ora di pazzia.

Guerra alla plastica!!!

Lo so, la mia è una provocazione, ma sono davvero convinta che l’invenzione della plastica abbia fatto più danni di quella della bomba atomica, e lo dimostra il fatto che ormai non sappiamo proprio più dove mettere i rifiuti. E già, perché se la plastica può essere uno strumento utile, è altrettanto dannoso se lo si usa come l’unico contenitore possibile, soprattutto un contenitore usa e getta che non può essere in alcun modo riutilizzato.

Purtroppo anni e anni di cultura consumistica c’hanno insegnato ad andare al supermercato, comprare quel che ci serve imballato e poi quando lo si finisce buttar via la confezione, e al massimo, se proprio siamo coscienziosi o ci riteniamo tali lo buttiamo nella differenziata, spesso senza neanche alcuna attenzione riguardo ai materiali che sono realmente riciclabili e quali invece non lo sono. Ci fosse una normativa che obbligasse tutte le case produttrici a indicare dove va gettata la confezione sarebbe un passo avanti deciso, così non si avrebbe neanche più la scusa, che molti usano, di non sapere dove vanno i vari rifiuti.

Fatto sta che mi son fatta un paio di conti, che mi hanno decisamente impressionato. Ho abbandonato da un bel po’ di tempo l’acqua in bottiglia, preferendo quella del rubinetto semplicente filtrata con una caraffa, anche se recentemente alcuni servizi al telegiornale ne hanno altamente sconsigliato l’utilizzo, forse per gli interessi che questi oggetti andavano a danneggiare. Il risparmio in bottiglie è impressionante: da due a tre bottiglie al giorno siamo passati a zero, con un risparmio di circa 800 bottiglie l’anno, quasi una piccola montagnola!

Risparmio per l’ambiente: non solo non produco più le 800 bottiglie all’anno, ma non contribuisco allo spostamento, generalmente tramite mezzi gommati che inquinano l’aria e spendono prezioso petrolio, delle bottiglie d’acqua, che viaggiano per chilometri e chilometri. Oltretutto non me le devo portare dietro, e visto che mi sono tolta un grande peso dalla spesa, ora posso tranquillamente andarci in bicicletta, risparmiando all’aria anche questo.

Risparmio economico per me: niente trasporto in auto, dicevo, quindi benzina risparmiata; naturalmente non devo più comprare l’acqua, quindi a fronte di una spesa mensile di 30 euro e forse più (beviamo davvero come cammelli…lo so), ora con la stessa cifra copro circa 4 mesi, visto che 3 filtri costano circa 20 euro, e se ne usa uno al mese.

Risparmio di fatica: portarsi le bottiglie dell’acqua su per le scale è una grande fatica, soprattutto quando, per sfruttar le offerte, le si porta in cantina e allora la fatica raddoppia; inoltre non rimango mai senz’acqua, visto che mi basta aprire il rubinetto, riempire la mia caraffa e aspettare qualche minuto che l’acqua sia filtrata, un vero piacere!

Che dire, ci guadagnano tutti: noi, l’ambiente e anche la società, visto che il mio Comune non dovrà spender dei soldi per smaltire le mie bottiglie d’acqua. Vogliamo poi parlare del benessere che ne deriva? Beh, che piacere poter fare la spesa in bici, ma forse ne riparleremo!!!

PS: Se qualcuno ribatte che così si può avere solo dell’acqua naturale, lo avverto che esistono dei modi per rimediare l’acqua frizzante in modo ambientalista:

1. esistono dei macchinini che gasano l’acqua, che si ricaricano con delle bombolette, a fronte di una spesa iniziale che riconosco essere abbastanza onerosa;

2. si stanno diffondendo i distributori di acqua naturale e frizzante (spesso vi fanno scegliere se leggermente frizzante o fortemente frizzante), che hanno un costo meno elevato dell’acqua imbottigliata, visto che non ne pagate la bottiglia, e quindi vi permettono di non produrre plastica. Se non sapete dove trovarli, esistono dei siti fatti apposta per trovarli, come ad esempio distributoriallaspina.it.

Un altro link utile può essere questo, in cui si parla dell’acqua alla spina, del rubinetto e delle proprietà dell’acqua: acqua-alla-spina.com.